La vita possibile è un film del 2016 che racconta la storia di una donna vittima di violenza domestica e, come lei, ce ne sono tante.
“Il femminicidio di Giulia ci sconvolge, ci fa contorcere lo stomaco, ma non ci sorprende“, ha dichiarato una portavoce dell’associazione Non una di meno – Catania in occasione della manifestazione femminista tenutasi nella città siciliana. Manifestazione che è soltanto una delle tante che stanno attraversando il Paese in seguito all’omicidio di Giulia Cecchettin da parte del suo ex ragazzo Filippo Turetta.
La violenza di genere è infatti all’ordine del giorno e il tragico episodio di Giulia è solo uno di centinaia di casi simili già avvenuti o che potrebbero avvenire in futuro. Per questa ragione sono molte le voci che si sono alzate in coro per protesta: cortei hanno sfilato e stanno sfilando in tutta Italia, ma ancor prima del femminicidio di Giulia in molti hanno cercato di concentrare l’attenzione sulla violenza contro le donne.
La vita possibile: il film che racconta di una fuga dalla violenza domestica
Un esempio è quello del film francese In Guardia!, oppure quello italiano La vita possibile, scritto e diretto da Ivano De Matteo e risalente al 2016. Nel film Margherita Buy e Valeria Golino interpretano rispettivamente una donna vittima di violenza domestica da parte del marito e un’amica che decide di ospitare la vittima nella sua casa di Torino. Picchiata dal marito, Anna scappa da Roma portando via con sé il figlio Valerio.
A Torino cerca di riprendere una vita normale grazie all’aiuto di Carla, che un giorno dirà ad Anna: “Dirti di venire a stare da me è stata la prima cosa giusta che ho fatto da anni“. Nonostante il film non abbia riscosso particolare successo (fu scartato dai selezionatori della Mostra del Cinema di Venezia), esso è importante in quanto tratta di un tema complesso.
La violenza sulle donne non è fatta solo da casi isolati
Dalla mancanza di una vera e propria tutela da parte dello Stato nei confronti delle vittime, fino a una retorica che è ancora macchiata dalla narrazione patriarcale. Molto spesso i casi di violenza sono considerati come eventi isolati, che spesso dipendono da raptus di follia e non da un problema di educazione culturale.
In questo senso i dati di un’indagine svolta dall’Istat sono particolarmente significativi: ben il 20% degli uomini pensa che la violenza sia provocata dal modo di vestire delle donne; mentre il 39,3% ha dichiarato che una donna potrebbe sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero lo volesse. Nel frattempo, però, le segnalazioni al numero di emergenza 1522 sono raddoppiate in seguito all’episodio di Giulia, sia da parte delle vittime stesse che da parte di amici e familiari vicini alle vittime.