Sanremo ed il playback: quando l’orchestra non era tutto per la kermesse. Scopriamo alcuni casi eclatanti all’Ariston
Oggi Sanremo è uno degli appuntamenti musicali più attesi del Bel Paese. Il Festival della canzone italiana dopo un periodo vissuto sottotono, anche grazie al grande lavoro svolto da Amadeus negli ultimi anni, è tornato ai grandi fasti e gli artisti di casa nostra, emergenti e non solo, fanno a gara per parteciparvi.
Elemento indiscusso della kermesse è l’orchestra, punta di diamante di una manifestazione simbolo del Made in Italy, anche se non sempre è stato così. Sapete che c’è stato un periodo nel quale la maestria dei musicisti e dei cantanti ha lasciato spazio al playback? Vi sveliamo alcuni casi davvero clamorosi.
Sanremo, chi ha cantato in playback?
Oggi il Festival di Sanremo valorizza molto l’orchestra, scegliendo maestri di prim’ordine, direttori d’orchestra amatissimi, come Beppe Vessicchio che dopo tanti anni non è stato presente all’Ariston, strumenti di pregio ma in passato non è stato sempre così. Anche nel tempio della musica italiana per eccellenza, infatti, l’orchestra, a volte, è stata fatta fuori e si è preferito utilizzare le basi musicali.
Il primo eclatante caso risale al 1955 quando Claudio Villa, colpito da una forte forma influenzale, decise di non salire sul palco e di mandare in scena, al suo posto, un grammofono. Nel 1964 è toccato a Bobby Solo: l’artista dicendo di avere una laringite (rivelatasi poi finta) ha cantato in playback “Una lacrima sul viso” tanto da essere squalificato nella gara canora.
È il 1976 però l’anno in cui l’orchestra viene messa del tutto da parte: gli organizzatori decidono di eliminarla del tutto preferendo le basi musicali e con il 1984, anno in cui viene inserita la categorie delle “Nuove proposte”, il playback diventa obbligatorio. Ci vorrà il 1990 con un’edizione di Sanremo svolta lontana dall’Ariston, ad Arma di Taggia, per riportare l’orchestra al suo naturale “posto”.
Due casi eclatanti
Gli anni Ottanta sono stati particolari a livello musicale e a Sanremo si ricordano due casi eclatanti mossi proprio dal risentimento di dover cantante in playback, una richiesta quasi inaccettabile, un vero e proprio insulto per chi della propria voce ha fatto la sua fortuna.
Il primo a protestare nel 1983 è Vasco Rossi: alla sua seconda e ultima apparizione al Festival, lascia il palco prima dell’esibizione mentre la registrazione di “Vita spericolata”, arrivata penultima, non è ancora terminata, mostrando in modo palese a tutti l’uso del playback.
L’anno dopo, nel 1984, è addirittura Freddie Mercury a protestare contro il regolamento della kermesse che imponeva il playback. Per la band non è stato possibile suonare dal vivo e così il cantante per buona parte dell’esibizione di “Radio Ga Ga” ha tenuto il microfono lontano dalla bocca muovendo le labbra fuori fase, mostrando in modo palese il meccanismo usato.