Il 27 Febbraio alle 21, in contemporanea streaming nazionale, circa 90 artisti si esibiranno dai live club di tutta Italia a sostegno del settore.
L’emergenza Covid-19 ha avuto un impatto senza precedenti sulla nostra società, mettendo a dura prova molti settori, alcuni più di altri. La categoria di lavoratori che forse ha sofferto maggiormente è stata quella dei professionisti dello spettacolo, a causa della poca rappresentanza e della limitata possibilità di attingere agli ammortizzatori sociali. Da anni gli artisti sono in attesa di un riconoscimento della loro figura tramite tutele previdenziali al pari dei lavoratori dipendenti o a carattere discontinuo, e ora più che mai sentono la necessità che la loro professione venga riconosciuta.
L’emergenza sanitaria ha assestato un duro colpo a tutto il settore dell’intrattenimento, ma in particolar modo a quello della musica. La difficile situazione pandemica ha messo ancora più in evidenza la mancata rappresentanza della categoria dei professionisti della musica, mostrando un inquadramento lavorativo troppo spesso lacunoso e non sempre tutelato. Il lockdown ha causato l’arresto improvviso di diverse attività, ma ha anche reso più urgente la necessità di riformare il settore dello spettacolo, dando l’opportunità ai lavoratori coinvolti di coordinarsi e risvegliare la categoria, cercando un dialogo con le istituzioni. Ma senza degli interlocutori rappresentativi da individuare, questo dialogo resta complesso da auspicare.
La difficile situazione occupazionale in cui si trovano i lavoratori dello spettacolo sembra richiamare, oggi più che mai, la necessità di creare una Costituente dello Spettacolo. Gli artisti si sono resi conto, infatti, di quanto sia importante essere rappresentati all’interno della società.
Molti live club, che negli anni avevano fatto della musica dal vivo la loro linfa vitale, ora sono immersi nel silenzio. Alcuni locali si sono indebitati con le banche per sopravvivere, altri hanno chiuso definitivamente i battenti.
Le indicazioni del DPCM
Il DPCM dell’11 giugno 2020 aveva stabilito che gli spettacoli dal vivo potessero riprendere vita, seppur con un limite di 200 persone al chiuso e 1000 all’aperto, poi tutto è stato nuovamente sospeso il 26 ottobre con il DPCM successivo. Ma nel frattempo è subentrata una virtuosa catena di solidarietà: diverse associazioni, piattaforme online, Comuni, enti pubblici e privati si sono aggiunti ai ristori concessi dal Governo, mettendo a disposizione diversi fondi dedicati al mondo della cultura.
Gli artisti uniti per #UltimoConcerto
In risposta a questa situazione drammatica oltre 130 live club hanno deciso di lanciare un grido d’allarme, dando vita all’iniziativa #ultimoconcerto, con un sito internet dedicato che rappresenta una mappa piena di punti interrogativi a costellare l’Italia da nord a sud. La domanda che i live club si pongono in questa campagna iniziata il mese scorso è: “Ci sarà un ultimo concerto? O c’è già stato?”
Il 28 gennaio circa 80 locali in tutta Italia hanno aderito all’iniziativa promossa da KeepOn Live, Arci e Assomusica, interrogandosi sui social riguardo il futuro della musica in Italia. Nella stessa giornata e simultaneamente sui social dei live club che hanno aderito alla manifestazione online, è apparso un grande punto interrogativo nei luoghi rappresentativi delle vie di accesso agli eventi musicali. Secondo gli organizzatori della manifestazione il 28 gennaio 2021 rappresenterebbe una data simbolo, a indicare il giorno di nascita e l’anno di una probabile chiusura. Un anno fa circa, infatti, ci sono stati i primi concerti rimandati o annullati a causa del Covid-19. Molte attività musicali si sono arrestate, in un difficile bilanciamento fra ripresa in sicurezza del settore e rispetto delle norme messe in atto per limitare il contagio del virus.
La musica è cultura e crea coesione sociale, ogni anno sono più di 7 milioni le persone che partecipano agli eventi nei festival e nei live club italiani. I lavoratori coinvolti sono circa 30.000 e la rilevanza di questi eventi si evince dal forte sostegno dato alla creatività, oltre che dalla varietà della programmazione culturale messa in atto. L’osservatorio annuale SIAE stima che, nell’ambito delle attività inerenti il mondo dello spettacolo, il primo settore come volume d’affari è quello relativo ai concerti e alle manifestazioni musicali dal vivo. I live club rappresentano i pilastri su cui si ergono questi dati e registrano un secondo posto, dopo il cinema, per numero di spettacoli, di ingressi e presenze di spettatori. Nei live club, inoltre, si svolgono cineforum, esposizioni di arti visive, convegni e laboratori creativi. Si dimostrano dunque dei dinamici centri multifunzionali e multidisciplinari, che sanno promuovere iniziative culturali molto variegate su tutto il territorio nazionale.
Per puntare le luci sulla situazione del settore musicale il 27 febbraio alle ore 21:00 in tutta Italia si esibiranno oltre 80 artisti dal vivo, all’interno dei locali che tanto si impegnano a mantenere in vita la musica live. Fra i partecipanti all’evento ci saranno, fra gli altri, i 99Posse, i Subsonica, i Lacuna Coil, Brunori Sas, Diodato, Marina Rei, i Marlene Kuntz, Mudimbi, l’Orchestra Senza Spine, i Sud Sound System, Roy Paci, Tre Allegri Ragazzi Morti, Pinguini Tattici Nucleari, I Ministri, Giorgio Canali, Cosmo, Colapesce e Di Martino e molti altri, solo per citarne alcuni. L’iniziativa organizzata in collaborazione con Live DMA vedrà la simultanea presenza in streaming dei cantanti e delle band che hanno aderito alla manifestazione e sarà possibile seguire le esibizioni in modo gratuito sul sito www.ultimoconcerto.it
I live club chiedono misure di blocco delle imposte e una compensazione economica in virtù delle perdite subite nei mesi precedenti. Chiedono inoltre un riconoscimento di valore e istituzionale della categoria “live club”, con pari dignità dei cinema e dei teatri. Il complesso, variegato e multisfaccettato mondo dello spettacolo cerca una coesione determinante per affrontare le nuove sfide della società, districandosi tra chiusure forzate e tentativi di ripartenza, nel rispetto della salute di tutti. Un obiettivo non facile da raggiungere ma, come spesso accade durante i grandi cambiamenti a livello globale, dalla crisi si rinasce e si può creare qualcosa di nuovo.
Statistiche e osservazioni
Secondo i dati raccolti dall’ Osservatorio Impresa Cultura Italia – Confcommercio e Swg in Italia, dallo scorso anno, i consumi in ambito culturale sono diminuiti del 47%. Appare chiaro quanto sia drammatica la situazione degli artisti e di tutti coloro che lavorano nell’ambito dell’intrattenimento, ma risulta difficile trovare una soluzione definitiva che consenta la ripartenza delle attività culturali in piena sicurezza. Purtroppo i settori già complessi dal punto di vista previdenziale hanno subito un duro colpo, non solo per quanto riguarda la situazione economica della categoria, ma anche per quanto concerne la psicologia dell’artista nella sua individualità. L’emergenza sanitaria ha sottolineato l’urgenza e la problematicità di sciogliere gli innumerevoli nodi del mondo dello spettacolo, che si presenta estremamente variegato, quasi caleidoscopico.
Inoltre la mancata presenza di un sindacato vero e proprio che rappresenti in modo coeso la categoria rende la situazione ancora più intricata. È stato finora creato un codice deontologico del musicista, ma non bisogna dimenticare un altro grande problema irrisolto del settore: il cosiddetto “sommerso”, ovvero il lavoro nero. Purtroppo c’è da dire che in molti casi si rischia l’autodenuncia nel chiedere aiuto in situazioni di irregolarità e quindi accade spesso che i fondi non vengano richiesti da chi ne avrebbe diritto. Si evita di fatto, fin troppo spesso, di dichiarare il fatturato reale. Il risultato è l’incidenza falsata del settore dell’intrattenimento sul bilancio statale, compresa quella inerente ai live club, luoghi di grande fermento musicale.
Un altro nodo da sciogliere nel mondo degli artisti viene rappresentato dai codici ATECO, riguardo i quali le associazioni di categoria denunciano la non univocità delle sigle di riferimento. Questa confusione generalizzata crea scompiglio all’interno di attività identiche che invece rientrano in categorie differenti. Si può ben comprendere quanto le numerose differenze e disuguaglianze che pullulano nel settore dello spettacolo rendano le figura dell’artista un qualcosa di nebuloso e indefinito.
La percentuale di lavoro per un musicista professionista è scesa del 70% in rapporto agli anni precedenti e negli ultimi mesi la soglia è aumentata ulteriormente. Sebbene molte orchestre si siano organizzate con lo streaming online, i lavoratori del settore affermano che quella che sembrava una soluzione ha rappresentato solo un escamotage temporaneo, un modo per far uscire il teatro e i suoi dipendenti dalla cassa integrazione. Molti musicisti hanno cambiato impiego, altri si sono reinventati.