È il rocker italiano per eccellenza, ma non ha mai rinnegato la sperimentazione di altri generi. Il blues della chitarra sola di Vasco Rossi parla della vita passata che non torna, un significato autoanalitico che si apre a tutto.
Qualche tempo fa, nell’ultimo concerto a Napoli, Vasco raccontava al pubblico dell’allora ancora Stadio San Paolo che gli sarebbe piaciuto che a scrivere la musica blues di Je so’ pazze di Pino Daniele fosse stato lui. Forse allora non è un caso che il Blasco abbia scelto proprio un pezzo dalle profonde radici blues, così legate alla città partenopea e al bluesman suo amico e fan, come colonna sonora di un film dedicato proprio a quell’ultimo concerto nel capoluogo campano.
Il rocker di Zocca è appunto il rocker per eccellenza in Italia, ma la mescolanza di generi, la ricerca di qualcosa di nuovo, del diverso sono da sempre il marchio di fabbrica di un artista che sa ancora come fare il tutto esaurito non appena annuncia le tappe del tour.
Mescolanza, si diceva, e ricerca di sonorità sempre nuove, come quelle de Il blues della chitarra sola per un sound fantastico che viene giù da solo e racconta della vita.
Canzoni scritte per gioco, che non sa spiegare e nemmeno ci prova. Quello che sa Vasco dei suoi testi è che sono un’autoanalisi e che una volta incise e riascoltate lui capisce sempre qualcosa in più di se stesso.
È qualcosa che viene dell’inconscio, raccontava qualche anno fa in un’intervista, proprio come il suono blues di una chitarra che viene giù da solo. Una sorta di flusso di coscienza che si manifesta nelle note della canzone che poi di venta, strofa dopo strofa, il racconto della sua vita sempre vissuta al massimo. Una vita che scorre più lenta rispetto a prima, quel prima dove “eri un tipo precoce, un po’ troppo veloce per una vita sola“.
Il blues, non puro ma con sperimentazione elettronica, ritorna in questo brano del Blasco a quella funzione di lamento che gli è originaria. Di quel canto di disperazione degli schiavi americani, una sorta di messa in discussione e presa in giro del proprio passato, di quella voglia di ribellione che lui ha, c’è ancora, ma si è evoluta come nel frattempo si sono evolute le strade della vita e il fisico.
“Alla fine di tutta la storia” resta una nota sospesa e un suono che lascia il tempo che trova, perché se ogni pezzo è autoanalisi ognuno ci si rispecchia diversamente.
Il blues della chitarra sola è contenuto nell’album Sono Innocente. Diciassettesimo lavoro in studio per Vasco Rossi, un album uscito nel 2014 diventando anche il più venduto di quell’anno. Seguirono a questo un tour, il Live Kom 015 negli stadi, e la registrazione di un film concerto girato a Napoli di cui, come si accennava all’inizio, la canzone diventa colonna sonora.
Qualche tempo dopo, Vasco ha raccontato che questo è uno dei brani a cui è più legato.
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