Compie 45 anni l’album “Jazz” dei Queen, il settimo album della band inglese stroncato e poi rivalutato nel corso del tempo.
Era il 14 novembre 1978 quando i Queen davano alla luce il loro settimo lavoro in studio, “Jazz”, titolo che segnava il desiderio di sperimentare, di evolversi, una filosofia che è sempre stata il punto fisso della band. In 20 anni di carriera, infatti, i Queen hanno saputo cambiare pelle, di album in album, rimanendo sempre al passo con i tempi.
45 anni, in un contesto storico particolare, con l’esplosione del punk, le prime pennellate di heavy metal, i primi passi dell’AOR, la disco-music di stampo funky e a pochi mesi dal primo accenno della new wave, “Jazz” venne fatto a pezzi dalla critica specializzata. Dave Marsh del Rolling Stone, ad esempio, scrisse che “In Jazz non c’è jazz, i Queen non hanno l’immaginazione necessaria per suonare jazz, e non hanno l’immaginazione necessaria nemmeno per suonare rock ’n’ roll”.
La stroncatura dell’album “Jazz” dei Queen e la sua rivalutazione negli anni
Una stroncatura pesantissima, quella di Marsh ai danni dei Queen, critico che non ha mai amato la musica della band inglese. Di certo, le sue parole furono davvero eccessive, per un disco non tra i vertici della discografia di Mercury e soci, ma neanche tutta questa tragedia, anzi. “Jazz” è un disco curioso, che ha dalla sua grandi colpi di classe.
All’epoca dell’uscita, il disco raggiunse il sesto posto della classifica Billboard 200, e la seconda posizione in UK. Dunque, un successo commerciale, trainato dai singoli “Don’t stop me now”, “Bicycle race” e “Fat bottomed girl”. Quest’ultimo brano, dedicato a una fan in carne, venne preso di mira dalla stampa americana, la quale tacciò i Queen di discriminazione.
Con il vinile era incluso anche un poster che ritraeva 65 modelle nude (le stesse dei videoclip del doppio singolo “Bycicle race/Fat bottomed girl”) andare in giro in bici. Il poster, nella versione americana, venne sostituito da una cartolina, attraverso la quale richiederlo all’indirizzo dell’etichetta discografica. Il poster verrà poi eliminato qualche anno più tardi, ritenuto troppo volgare.
La celebrazione dei 45 anni di “Jazz”, uno dei dischi più controversi della carriera della band
Per celebrare l’imminente uscita dell’album, il 31 ottobre 1978, ad Halloween, la band diede una festa selvaggia, che in seguito sarà oggetto di numerose polemiche e gossip da parte della stampa scandalistica. Tenutasi al Farimont Hotel di New Orleans, con 400 invitati, la festa fece scalpore occupando le prime pagine di tutti i quotidiani.
I resoconti della stampa parlarono per settimane di scandali sessuali, orge, prostituzione, droghe, presenza di personaggi bizzarri, e molto altro ancora. Il tutto per un costo organizzativo di oltre 200 mila sterline. Che dire dell’album? Artwork affascinante, ispirato a un graffito disegnato sul muro di Berlino, “Jazz” palesa un certa fiacchezza compositiva, la tracklist è eterogenea e dispersiva.
Tra alti e bassi, un album da riscoprire
Non tutti i brani sono ispirati, i Queen giocano sull’eclettismo e sull’eccentricità. Si tratta di un lavoro a tratti stilisticamente confuso, ma ha dalla sua autentiche gemme, come l’energica “Don’t stop me now”, il brano migliore in scaletta, uno dei classici dei Queen, la delicata “In only seven days”, la malinconica ballad “Jelousy” e le energiche “”If you can’t beat them”, “Dead on time” e “Let me entertain you”.
Presenta, purtroppo, anche pezzi minori, che ne abbassano gli intenti, come la strana apertura mediorientale intitola “Mustapha”, oppure la conclusiva “More than jazz”, che rimescola le carte di tutto l’album, e ancora “Fun it”, “Leaving home ain’t easy”, “Dreamers ball”, senza contare i due singoli, simpatici e spiritosi, anche buoni, se vogliamo, ma non certo eclatanti, come “Fat bottomed girl” e Bycicle race”.