La storia di Miles Davis, uno dei più grandi musicisti jazz di tutti i tempi

Innovatore e genio musicale, ripercorriamo la storia di Miles Davis, uno degli artisti che hanno fatto la storia del Jazz nel XX secolo.

Mails Davis suona la trombaMiles Davis (Facebook) – BluesHouse.it

Miles Davis è stato un musicista jazz americano e uno degli artisti più influenti del XX secolo, soprattutto a partire da fine anni Quaranta. Nacque il 26 maggio 1926 ad Alton, Illinois (Stati Uniti) e morì il 28 settembre 1991 a Santa Monica, California all’età di 65 anni. Il suo ruolo nel panorama musicale jazz è assai importante ed è difficile non riconoscerlo.

Miles Davis l’inizio della sua storia

Davis crebbe a East St. Louis, nell’Illinois, dove il padre praticava la professione di chirurgo dentale. Appassionato di musica fin dall’infanzia, iniziò a studiare la tromba all’inizio dell’adolescenza, sviluppando sempre di più un suo stile caratteristico, tanto che il suo insegnante di musica lo obbligò a suonare senza il vibrato (nonostante fosse un suono alla moda per l’epoca). A 13 anni ricevette la sua seconda tromba e iniziò ad esibirsi insieme a varie band locali. A 17 iniziò a suonare insieme al gruppo di Eddie Randle, i Blue Devils, gruppo affermato che aveva già una certa notorietà.

Successivamente, nel 1944, si trasferì a New York City per studiare all’Institute of Musical Art (oggi rinominata Juilliard School), anche se saltò molte lezioni e si formò attraverso jam session con maestri come Dizzy Gillespie e Charlie Parker. Davis e Parker, inoltre, registrarono spesso insieme negli anni 1945-48. I primi anni Miles Davis suonava in modo incerto e non sempre perfettamente intonato, ma il suo tono unico, personale e la sua fertile immaginazione musicale superavano le sue carenze tecniche.

Gli anni Cinquanta e Sessanta

Miles Davis mentre si esibisce con il suo quintetto
Miles Davis sul palco (Facebook) – BluesHouse.it

All’inizio degli anni Cinquanta Davis aveva trasformato i suoi limiti in notevoli vantaggi. Piuttosto che emulare lo stile impegnato e lamentoso dei pionieri del bebop come Gillespie, Davis esplorò il registro medio della tromba, sperimentando armonie e ritmi e variando il fraseggio delle sue improvvisazioni. Il suo stile melodico era diretto e privo di ornamenti, basato su quarti di nota e ricco di inflessioni. La deliberazione, il ritmo e il lirismo delle sue improvvisazioni sono sorprendenti. In questo periodo, indubbiamente, arrivò all’apice della sua carriera tra pubblicazioni e live session.

I primi anni Sessanta furono, invece, anni di transizione, meno innovativi. Ma la sua musica e il suo modo di suonare rimasero di alto livello. Alla fine del 1962 iniziò a formare un altro piccolo gruppo che diventerà presto un classico. Ne fece parte: il bassista Ron Carter, il pianista Herbie Hancock, il batterista adolescente Tony Williams e il sassofonista tenore Wayne Shorter si unì alla formazione nel 1964. Il nuovo quintetto di Miles Davis era caratterizzato da un suono leggero e libero e da un repertorio che spaziava dal blues all’avanguardia e al free jazz.

Sperimentazione e nuovo sound

Verso la fine degli anni Sessanta, l’artista iniziò a sperimentare con gli strumenti elettronici, conquistando ancora più fan e accrescendo di popolarità. Nell’album Bitches Brew (1969), abbraccia completamente i ritmi, la strumentazione elettronica e gli effetti di studio della musica rock. Un caleidoscopio cacofonico di suoni, ritmi e strutture che si sovrappongono, ma che influenzò i gruppi fusion degli anni Settanta come i Weather Report e i Return to Forever di Chick Corea.

Nel 1972 Davis ebbe un incidente d’auto e le ferite riportate ne limitarono l’attività, portandolo a ritirarsi dal 1975 al 1980. Quando tornò alla ribalta con The Man with the Horn (1981), i critici ritennero che il modo di suonare irregolare di Davis mostrasse gli effetti dell’assenza di cinque anni, ma egli recuperò presto tutte le sue doti. Per tutti gli anni Ottanta si cimentò in una varietà di stili musicali, concentrandosi soprattutto sulla musica jazz-rock da ballo. Tuttavia non mancarono esperimenti incredibili in altri stili, come un ritorno alle sue radici blues (Star People, 1982) e una serie di numeri orchestrali influenzati da Gil Evans (Music from Siesta, 1987). In questo periodo vinse diversi Grammy, e fu ancora nel pieno della sua attività quando morì. Il suo ultimo album, Doo-Bop (1992), fu pubblicato postumo.

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