Una pellicola cinematografica per chi ama risanare la propria anima e rilassarsi. Nasce la “meccanica delle cose”: di che si tratta nello specifico.
La 41esima edizione di Torino Film Festival ha visto la proiezione di “La meccanica delle cose“, un documentario che si distingue per la sua narrazione non convenzionale e la sua capacità di affrontare tematiche complesse.
La regista Alessandra Celesia, ormai franco-irlandese, ha realizzato un percorso visivo intrigante centrato sul concetto di miracolo: il ritorno alla mobilità di individui paralizzati, sia umani che animali.
Il film, “La Meccanica delle cose” affronta tutto con determinazione e speranza. La domanda che ci si pone nel seguirlo è: se l’uomo è riuscito a raggiungere la luna, perché non può restituire la mobilità agli infermi?
Questa riflessione, espressa da alcuni protagonisti del docufilm, sottolinea la dimensione della scienza, sia essa spaziale o medica. Celesia aggiunge a questo approccio scientifico sperimentale, un tocco di speranza, creando un’atmosfera che assomiglia quasi a una favola.
Il nucleo della storia si sviluppa quando il gatto di Celesia, Tito, cade accidentalmente dall’ottavo piano e, sebbene si salvi, rimane paralizzato. La regista, con il suo iPhone, riprende il difficile percorso di ospedalizzazione dell’animale protagonista, conducendo gli spettatori attraverso le idee sperimentali di una dottoressa, che propone un trapianto di grasso riattivato per rigenerare il midollo spinale.
Questo processo viene infine testato in Cina, a Kunming, grazie all’intervento di un filantropo francese che porta persone paralizzate nel tentativo di rigenerare le loro capacità motorie.
“La meccanica delle cose” mescola continuamente diversi temi narrativi, formati di ripresa e contesti, creando un flusso ipnotico e ininterrotto. Le immagini di paralisi e rinascita, insieme a segmenti di sedute di psicanalisi della regista, Alessandra Celesia e filmati di famiglia, si sovrappongono senza una sequenza temporale evidente. Questa unione, tuttavia, risulta sorprendentemente perfetta, senza che un aspetto della storia sovrasti gli altri.
Il documentario richiede uno sforzo da parte degli spettatori, invitandoli a accettare il flusso continuo delle immagini. La forza de “La meccanica delle cose” risiede nell’equilibrio tra aspetti psicologici e l’interrogativo visivo della sorpresa.
Il film diventa così una soluzione dove le immagini comunicano la sensazione concettuale del miracolo, offrendo una visione profonda e sorprendente sulla bellezza e il rispetto del creato. Il finale chiude il documentario in modo memorabile, confermando la potenza terapeutica che sa trasmettere il mondo del cinema.
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