Perché, quando si parla di musica contemporanea di successo, si parla di musica leggera? Che cosa si identifica con questo termine?
Con “musica leggera” si intende un tipo di musica, indipendentemente dal genere, nato nel XX secolo a seguito della nascita dell’industria musicale. Con questo termine si intende sottolineare una differenza sia con la musica tradizionale, prodotta dal popolo di bassa estrazione sociale e tramandata principalmente in modo orale, sia dalla musica colta, ossia la classica e la lirica.
La musica leggera, dunque, nasce per esigenza di mercato, ma anche per desiderio del popolo, nella sua definizione più generica, dunque per qualunque classe sociale. Un popolo desideroso di ascoltare musica, di cantarla e di ballarla. In tal senso, l’industria musicale soddisfa queste esigenze, creando le prime registrazioni, i primi dischi, gli impianti stereo, e poi i videoclip, gli spettacoli, le trasmissioni musicali e tutto ciò che ruota attorno alla musica, così come la conosciamo oggi.
A seguito della nascita dell’industria musicale, i produttori e tutti coloro che lavorano nel mondo della musica, cercano di fare profitto. Per questo motivo, per musica leggera si intende un tipo di musica di facile ascolto, che possa piacere al maggior numero di persone. In realtà, oggi questa definizione si è trasformata, identificando principalmente i generi più commerciali.
Si utilizza questa definizione per descrivere la musica pop, quella cantautoriale, la trap, la dance e così via, ossia tutti quei generi che passano solitamente in radio e in tv e che sono ascoltati dal popolo. Si tratta di generi poco impegnativi, dai suoni accessibili, comprensibili da tutti gli ascoltatori. Tuttavia, il termine cambia in base alle epoche e al contesto culturale.
Le prime forme musicali definite “leggere”, e che hanno dato origine alla musica contemporanea, sono il jazz e il blues, generi nati nella seconda metà del 1800. Per oltre 50 anni, sono stati proprio questi due generi, che oggi sono considerati più ostici, meno commerciali, a definire il concetto di musica popolare, leggera.
Il jazz, così il blues, nascono proprio come musica popolare, per celebrare le caratteristiche di un popolo, quello afroamericano, per cantare le paure, le gioie, gli amori e la quotidianità del popolo nero. Il successo è talmente incredibile che, ben presto, i due generi si diffondono in tutto il mondo, contaminando anche altre culture, persino la nostra.
Sono generi musicali che spezzano con la tradizione (ossia con la musica colta, come l’opera e la classica), considerati generali, popolari, commerciali e folkloristici. È assurdo pensarlo oggi, eppure il blues e il jazz un tempo erano considerati generi commerciali, destinati a gente di bassa estrazione sociale. Solo negli anni ’50 e ’60, con la nascita del rock n’ roll e del pop, iniziano a essere considerati generi complessi, per intenditori, diventando di nicchia.
In effetti, il rock n’ roll e il pop sono generi più accessibili, più orecchiabili, maggiormente adatti alle nuove generazioni. E soprattutto, più adatti al “formato vinile”, ossia al disco moderno. Non a caso, è negli anni ’60, con la cosiddetta British invasion, l’invasione delle beat band inglesi, che si inizia a parlare di musica pop, con cui identificare la musica leggera.
La musica leggera, dunque, presenta determinate caratteristiche: è melodica, orecchiabile, ha un buon ritmo da ballare, presenta una sezione ritmica essenziale, molto semplice, ha una struttura facile da identificare (il “formato canzone”, ossia strofa-ritornello-strofa-ponte-ritornello) e ha brani di breve durata. Tuttavia, è il fenomeno del plugging a dare origine alla musica popolare.
Si tratta di un fenomeno secondo il quale i discografici, in collaborazione con le radio, le tv e vari media, spingono un determinato genere musicale, fino a quando questo non viene accettato. Si tratta di un ascolto passivo, di una costrizione all’ascolto, da parte del pubblico. Tramite questo fenomeno, si riesce a standardizzare ogni genere musicale, anche il più difficile.
Ed è ciò che succede da anni con la musica trap, spinta ovunque per “costringere” i ragazzi al suo ascolto e al suo acquisto, così come era stato per la dance music, il movimento grunge di inizio anni ’90, il pop e il rock duro (hard rock, glam e AOR) anni ’80, e così via. Ogni epoca ha la sua moda, una moda che ha un ciclo temporale che dura una generazione, spinta a forza proprio dai media, per creare un mercato.
La cosa sconcertante è che da ormai diversi anni, si è scelto di “spingere” il peggio, la musica pessima, la forma musicale più grottesca, volgare, pericolosa e priva di talento, per indirizzare e caratterizzare le nuove generazioni di ascoltatori, quando si potrebbe puntare su musica di ben altro spessore, non necessariamente complessa o colta.
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