Morto giovanissimo per un fatale incidente, Stevie Ray Vaughan è stato uno dei più influenti chitarristi della sua generazione.
È stato uno dei più grandi chitarristi della storia, sicuramente uno dei più influenti della sua generazione, le note rock blues di Stevie Ray Vaughan ancora oggi riecheggiano nell’aria, a distanza di 33 anni dalla sua tragica scomparsa. Era il 27 agosto 1990 quando, dopo esserci esibito al festival blues all’Alpine Valley Music Theater, nel Wisconsin, Stevie salì su un elicottero, il quale pochi minuti dopo si schianterà a terra.
Stanco per l’esibizione, in compagnia di Eric Clapton, Buddy Guy e Robert Cray, Vaughan sarebbe dovuto essere riaccompagnato all’hotel di Chicago. All’hotel non vi arrivò mai, poiché l’elicottero, per via della fitta nebbia, andò a schiantarsi su una collina. Le cause dell’incidente, oltre che alle avverse condizioni atmosferiche, furono da imputare all’inesperienza del pilota.
La tragica morte del chitarrista Stevie Ray Vaughan e la sua eredità musicale
Nato a Dallas nel 1954, Stevie Ray Vaughan iniziò a suonare la chitarra all’età di sette anni. Dieci anni dopo, decise di abbandonare la scuola per concentrarsi completamente nello studio del suo strumento. Negli anni ’70 fondò varie band rock blues, tributando i suoi miti musicali, i grandi bluesmen della storia. Soltanto all’alba degli anni ’80, iniziò a farsi notare.
La prima apparizione in un programma radiofonico avvenne nell’aprile del 1980. Da quel momento in poi, Vaughan lavorò duramente per raggiungere il successo, e per portare il sacro fuoco del blues nelle case di tutti gli ascoltatori del mondo. Fu grazie a Mick Jagger, leader dei Rolling Stones, band nata e cresciuta a pane e blues, che Stevie venne notato dal produttore Jerry Wexler.
Il Montreaux Jazz Festival del luglio 1982, fu l’occasione giusta per dimostrare il suo talento. Per l’occasione, Stevie si esibì insieme alla band che aveva fondato qualche tempo prima, i Double Trouble, ma il pubblico non gradì molto l’essenzialità blues del combo, scatenandosi in fischi. Nonostante le critiche di un pubblico focalizzato solo sul rock ’n’ roll, un altro artista venne stregato da Vaughan: David Bowie.
Il successo grazie all’album di Bowie
Bowie, presente tra il pubblico del festival, si innamorò della sua chitarra e del suo modo di suonare così classico, eppure così fresco, tanto che decise di contattarlo per registrare alcuni pezzi del suo album “Let’s Dance”. Stevie suonò ben sei brani su otto e l’album di Bowie, pur non essendo eccezionale a livello artistico, e nemmeno rivoluzionario come i precedenti lavori, fu un successo clamoroso.
Trainato dal singolo omonimo e dalle altre hit “China Girl” e “Modern Love”, il disco vendette oltre 10 milioni nei primi anni, superando, in seguito, le 20 milioni di copie nel mondo. Forte del contributo nel successo commerciale di Bowie, Stevie Ray Vaughan tornò a concentrarsi sulla sua band, realizzando il disco di esordio, nel 1983, intitolato “Texas Flood”.
La breve carriera del cantante-chitarrista e la tragica morte
Registrato in soli due giorni, in presa diretta, l’album ottenne buone critiche. L’anno seguente, nel 1984, uscì il secondo album, “Counldn’t Stand the Weather”, comprendente la sfavillante cover di “Voodoo Child” di Jimi Hendrix. Il gruppo crebbe di popolarità, e così il terzo album, pubblicato nel 1985, “Soul to Soul”, incentrato maggiormente sul rock, ebbe grande risonanza nel mondo.
L’esibizione al Motreaux Festival su la consacrazione del chitarrista, il quale vinse anche un Grammy Award. Di pari passo con il successo, però, crebbero anche le dipendenze da droghe e alcool. Tra una disintossicazione e l’altra, la carriera del chitarrista procedette nel segno del successo.
Collaborò con leggende della musica, come James Brown, Albert King, Jeff Beck, Bob Dylan e Joe Cocker, partecipando anche a un MTV Unplagged, poche settimane prima di morire. Lo stile di Vaughan prende a piene mani dal blues e dal jazz, caratterizzato da fraseggi veloci e movimentati, e con assoli melodici. La sua chitarra, le note partorite dalla sua chitarra, non moriranno mai.