Tra i brani più rappresentativi degli anni ’70 e rimasti indelebili c’è “Il tempo di morire”, frutto del sodalizio tra Lucio Battisti e Mogol e con un ritmo blues.
Lucio Battisti e Mogol hanno donato all’umanità dei brani dal valore inestimabile, due teste e una sola anima che hanno corso all’unisono. Pietre miliari della musica italiana da cui, chi verrà dopo potrà attingere, imparare, ma senza mai superare.
Da una parte la voce leggera e sofisticata di Lucio dall’altra parte le parole incisive che arrivano dritte all’anima di Mogol. Il duo geniale si è reso “complice” di quella modifica ed evoluzione della canzone d’autore e della musica leggera, avvenuta tra la metà degli anni ‘60 e ‘70. Il tempo è volato via, ma una cosa è certa: mai ci fu sodalizio più azzeccato.
Il testo completo del brano dal ritmo blues
“Motocicletta
10 HP
Tutta cromata
È tua se dici sì
Mi costa una vita
Per niente la darei
Ma ho il cuore malato
E so che guarirei
Non dire no
Non dire no
Non dire no
Non dire no
Lo so che ami un altro
Ma che ci posso fare
Io sono un disperato
Perché ti voglio amare
Perché ti voglio amare
Perché ti voglio amare
Perché ti voglio amare
Stanotte, adesso, sì!
Mi basta il tempo di morire
Fra le tue braccia così
Domani puoi dimenticare, domani
Ma adesso, adesso dimmi di sì
Non dire no
Non dire no
Non dire no
Prendi tutto quello che ho
Mi basta il tempo di morire
Fra le tue braccia così
Domani puoi dimenticare, domani
Adesso, adesso dimmi di sì
Adesso dimmi di sì
Adesso dimmi di sì
Adesso dimmi di sì, sì, sì, sì
Non dire no
Non dire no
Non dire no
Non dire no
Lo so che ami un altro
Che ci posso fare
Io sono un disperato
Perché ti voglio amare
Perché ti voglio amare
Perché ti voglio amare
Perché ti voglio amare
Stanotte, adesso, sì!
Mi basta il tempo di morire
Fra le tue braccia così
Domani puoi dimenticare, domani
Sì ma adesso, adesso dimmi di sì
Adesso dimmi di sì
Adesso dimmi di sì
Adesso dimmi di sì
Dimmi di sì
Che ci posso fare
Io sono un disperato
Perché ti voglio amare
Io sono un disperato
Perché ti voglio amare
Io sono un disperato
Uh, sono un disperato
Perché ti voglio amare”
“Il tempo di morire”, la canzone targata Battisti-Mogol che ha segnato un’epoca
Fra le canzoni che ascolti una volta ma ricordi per sempre non possiamo non citare un capolavoro del duo Mogol-Battisti, stiamo parlando de “Il tempo di morire”, brano inciso sul lato B del 45 giri di “Fiori rosa fiori di pesco” (1970) e dal ritmo blues.
Era l’8 marzo e per la prima volta gli italiani potevano ascoltare una delle fatiche musicali più vibranti e profonde del duo magico. Quello che erano riusciti a “buttar giù” Mogol lo ha descritto anni dopo. La canzone, ricordata per il suo inizio “Motocicletta 10 HP…”, ha come punto cardine il rapporto d’amore tra un uomo e una donna, un sentimento difficile e non ricambiato da quest’ultima che è stato immortalato da Mogol e Battisti con estrema delicatezza e tono graffiante. Lo strazio e la disperazione emergono dal testo del brano. Il protagonista innamorato è disposto a donare ciò che di più caro possiede, la sua motocicletta, per un attimo di piacere: “Motocicletta 10 HP tutta cromata, è tua se dici sì. Mi costa una vita, per niente la darei, ma ho il cuore malato e so che guarirei”.
Allusioni, successo e critiche di un brano che (ancora) viaggia nel tempo
“Il tempo di morire” è stato incorniciato tra i capolavori senza tempo del duo Mogol-Battisti, come altri contenuti nel disco “Anima Latina” che quest’anno compie 50 anni. Un testo pensato, studiato e partorito, ma che ha sollevato un polverone di critiche: l’oscillazione tra piacere e dolore del protagonista del brano è stata giudicata come una sorta di mercificazione del corpo della donna. La motocicletta – per stessa ammissione di Mogol – è l’unica cosa che possiede il ragazzo, disposto a donarla nel disperato tentativo di convincere la donna per avere, appunto, il “il tempo di morire”. Critiche a parte, il brano da lì a poco diventerà il decimo singolo più venduto in Italia. Battisti e Mogol, grazie alla loro musica, hanno concesso a diverse generazioni di essere liberi di sognare ad occhi aperti, ma, soprattutto, di interpretare simbolicamente alcuni concetti.