Attori italiani portano in tribunale Netflix: la mobilitazione dopo anni di trattative che hanno portano ad un nulla di fatto
Il cinema italiano si mobilita contro Netflix e porta la nota piattaforma di streaming in tribunale. A muoversi sono un corposo gruppo di attori del calibro di Valerio Mastandrea, Elio Germano, Neri Marcorè, Michele Riondino, Claudio Santamaria che fanno parte della cooperativa Artisti 7607 che da anni gestisce e tutela i diritti di molti attori e doppiatori in Italia e nel mondo.
La mobilitazione della cooperativa è seria e non ammette sconti. Dopo molti anni di trattative con la piattaforma che continua a sformare nuovi titoli e proposte, e nessun riscontro concreto, gli attori hanno deciso di mobilitarsi e si sono appellati al giudice ordinario. Ma perché? Vediamo tutti i dettagli del caso.
Ricorrere al giudice ordinario per “chiedere il rispetto della legge”. È con questa motivazione che Artisti 7607 ha citato in giudizio presso il Tribunale civile di Roma Netflix. Il collettivo, infatti, recrimina di “ottenere il compenso adeguato e proporzionato spettante per legge ai propri artisti mandanti”.
Sono anni, infatti, dice la cooperativa, che si chiedono alla piattaforma i dati necessari per stabilire il giusto compenso per gli artisti che vi lavorano secondo quanto stabilito dalla normativa europea e nazionale ma fino ad ora non è mai giusta nessuna risposta concreta. “Artisti 7607 fa una scelta doverosa per difendere la dignità professionale non solo dei nostri artisti ma di tutta la categoria” fa sapere la cooperativa che lascia spazio anche alle parole di alcuni degli attori che rappresenta che hanno deciso di metterci la faccia in questa storia.
Tra i volti rappresentati da Artisti 7607 c’è anche Valerio Mastandrea che ha spiegato che quella di citare in giudizio Netflix è una responsabilità che tutti gli attori si assumono in quanto “le scelte che vengono fatte oggi riguardano tutti e avranno ripercussioni sul presente e sul futuro di tanti artisti e di tante generazioni”. Una scelta, dunque, per tutelare la categoria oggi ma soprattutto tutti coloro che verranno dopo. Elio Germano ci va giù pesante parlando dello strapotere economico e contrattuale delle piattaforme che si rifiutano di fornire i dati, secondo quanto previsto dalla normativa, per evitare di stabilire i giusti compensi: “parliamo di multinazionali i cui ricavi – ha concluso – vengono esclusivamente dallo sfruttamento di opere audiovisive”.
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