La storia di una leggenda dimenticata del rock-blues. Rory Gallagher, la chitarra infiammata del blues bianco e irlandese.
William Rory Gallagher inizia a suonare la chitarra all’età di 9 anni, strumento a cui si avvicina lasciandosi ispirare dai bluesmen e musicisti folk d’oltreoceano che ascoltava, come Muddy Waters e Woody Guthrie. Ci mette poco a farsi un nome, soprattutto tra gli addetti ai lavori; Gallagher era stimato da leggende come Hendrix, Jimmy Page ed Eric Clapton fino a diventare a sua volta fonte di ispirazione per musicisti come The Edge degli U2 e Brian May. Nomi, insomma, che hanno fatto e fanno la storia della musica rock e non solo.
Dopo un inizio di carriera con i Taste, l’esordio da solista arriva nel 1971 con un tour da cui trae poi il primo album, ma è Tatto il quarto disco quello che meglio rappresenta il genio eclettico di Gallagher che qui mescola e intreccia generi: dal jazz al funk ma sempre una impronta blues. Ma è Irish Tour (1974) altro album live ad essere considerato indiscriminatamente come il suo vero capolavoro. Gli anni e gli album successivi sono quelli della sperimentazione dell’hard-rock, salvo poi tornare, verso la fine degli anni Ottanta, in studio per incidere Defender che segna il ritorno al blues sempre amato e mai dimenticato.
Nonostante sia stato sempre amato ed apprezzato dai colleghi e con più che discreto pubblico al seguito, Rory Gallagher è diventata una di quelle leggende del blues dimenticate.
Un animale da palcoscenico, perché il mondo ha dimenticato Gallagher
La definizione migliore che probabilmente si può utilizzare per descrivere Rory Gallagher è animale da palcoscenico. Introverso, schivo e soprattutto incapace al compromesso per l’industria discografica, Gallagher sul palco si trasformava; non a caso i suoi album migliori, tra cui proprio il capolavoro Irish Tour, sono quelli tratti dai live.
La furia indomabile che si poteva ammirare sul palco però odiava i 45 giri, le sale di registrazione, le interviste e i passaggi radiofonici. Insomma l’antidivo per eccellenza che ha saputo rinunciare anche alle sessioni in studio con Rolling Stones (1975) per partire per il suo programmato tour in Giappone. Un modo di essere che cozzava con l’epoca di riferimento, durante la quale l’industria musicale si prendeva il suo spazio rispetto all’arte, spingendo Gallagher all’angolo del dimenticatoio in cui è oggi.
Resta il dato di fatto, comunque, quello di un artista che come pochi ha saputo condensare blues e rock, tanto da essere considerato uno dei 15 migliori chitarristi che hanno influenzato il blues. Vero orgoglio del popolo irlandese, quando muore il 14 giugno del 1995 la sua morte viene annunciata in diretta con grande commozione della stampa. Anche la BBC interruppe la regolare programmazione per dare la notizia.