Intervista a Zucchero: “Mia moglie mi ha distrutto, l’ho amata tanto. Volevo morire”, il cantante e il suo percorso personale.
Alla fine è diventato chi voleva essere, un’artista di successo, amato da milioni di persone. Il cantautore Zucchero rilascia un’intervista a cuore aperto, rivelando particolari del suo percorso artistico e personale, incominciando dal suo soprannome. Perché il nome Zucchero? Perché lo chiamava così la sua maestra alle scuole elementari: era introverso, non parlava molto.
Adelmo Fornaciari è sempre stato un ragazzino educato e molto rispettoso. La sua famiglia, di origini umili, gli ha sempre impartito una buona educazione, compostezza, rispetto, dettando semplice ma ferree regole. “Se ti comportavi male erano guai” rivela il cantante, ricordando i suoi genitori, Rina e Giuseppe, contadini mezzadri, sotto padrone, di Roncocesi, frazione del Comune di Reggio Emilia.
Il cantautore Zucchero in una toccante intervista sul suo percorso personale
“Nella campagna reggiana non giravano droghe, io stesso mi sono fermato alla prima canna e sono stato male. Mio nonno lavorava in un caseificio, poi papà prese il suo posto e io lo aiutavo”. Da ragazzino, prima di andare a scuola, Zucchero accendeva le caldaie, poi correva a scuola, portando con sé un sacchetto di tosone, un “roba gommosa che sapeva di formaggio e con cui facevo merenda”.
Poi, un giorno, il padre si fece male alla testa, candendo da una scala, durante il lavoro, e così, sotto la spinta di un conoscente, decise di trasferire la famiglia a Forte dei Marmi, per avviare un nuovo lavoro, sempre a contatto con salumi e formaggi, ma meglio pagato. “Partimmo tutti insieme sul camioncino, papà, mamma, il mio fratellino Lauro, io mi reggevo alle funi del cassone, controllando che non cadessero i mobili”.
Poi ecco la delusione, a Forte dei Marmi non esisteva un magazzino, il magazzino che avevano promesso al papà, e non sapevano neanche dove andare a dormire, perché l’idea era quella di dormire in magazzino, almeno temporaneamente. “Ci ospitò il suo amico, poi mio padre iniziò a lavorare in un negozio di alimentari. Io davo una mano l’estate, portando i prodotti in bici ai clienti”.
La storia di Zucchero Fornaciari raccontata dallo stesso protagonista
In praticare, Zucchero lavorava come rider, durante le pause estive dalla scuola, mentre in inverno gli affari andavano male, in negozio non entrava nessuno. In canonica, però, ogni domenica, si radunava con un gruppo di ragazzini, sotto l’occhio vigile del prete, e suonava l’organo e cantava. Fu il suo primo approccio con la musica. Da lì iniziò il suo sogno di gloria.
I morti di Reggio Emilia del 1960 non se li ricorda, essendo ancora troppo piccolo, tuttavia, Zucchero ammette di aver sempre avuto un cuore di sinistra. Fece anche una comparsa in un film con Volonté, dove interpretava un partigiano. Il suo brano “Partigiano reggiano”, ha ispirato un murales dedicato ai quattro fratelli Manfredi e ai due Miselli, fucilati dai fascisti.
Nonostante tutto, il cantante è cinico nei confronti della politica, e ammette di aver votato poche volte, l’ultima all’epoca di Prodi. “Comunista non sono mai stato, sono di sinistra, vengo da una famiglia rossa, ma ormai…” e ancora, “sono cresciuto con mio zio Enzo, che in casa aveva solo libri di Marx, Lenin, Mao, era stato nei lager, aveva una scheggia di granata vicino al cuore. Lui mi costruì la prima chitarra”.
La prima chitarra e l’inizio della carriera artistica
Le corde della prima chitarra di Zucchero erano fatte con il filo da pesca, e suonava malissimo, ma lui, da bambino, si divertiva tantissimo a tenerla in mano. Poi iniziò la carriera di musicista, appena maggiorenne. I primi anni non successe nulla, nessuno puntava su di lui. Il primo album, “Un po’ di Zucchero” fu un flop. Mogol lo riteneva incapace, l’etichetta Polygram lo voleva licenziare.
Poi l’ultima spiaggia, il vicedirettore sottopose un contratto per un ultimo album. O la va o la spacca. “Da questo momento sono iniziati diversi colpi di fortuna”. Un suo amico vinse un viaggio in California, e lo cedette a lui per farlo andare da un produttore con sede a San Francisco. Tempo qualche giorno e Zucchero tornò in Italia con il disco “Zucchero & The Randy Jackson Band”.
Iniziò il successo, passando per i dischi “Rispetto”, “Blue’s” e “Oro, incenso e birra”. Poi il clamoroso successo di “Miserere”, nel 1992. Nel frattempo, ci fu la relazione con Angela, diventata sua moglie e con la quale ebbe due figlie. “Mi ha distrutto, ma è stata una fonte di ispirazione. Ora vuole i diritti d’autore, l’ho amata tanto, ma è stato un inferno”.
Il matrimonio in frantumi e la depressione
Zucchero si sposò a soli 23 anni, colpito dalla bellezza di Angela e dai suoi “occhi pieni di malinconia”, all’inizio le telefonava spesso, ma lei non rispondeva mai, poi un giorno si presentò davanti al negozio dove lei lavorava e le chiese di sposarlo. “Non so se mi abbia mai amato, non mi ha mai detto – ti amo -, fino a quando, una notte, mi disse – ti lascio, non ti amo più-“.
Zuccherò scivolò nella depressione, nel frattempo era arrivata la seconda figlia. Intanto che la carriera da musicista prendeva il via, continuava a dare una mano ai genitori, nei campi. “Per la pagnotta ho fatto di tutto”. Poi le vendite milionarie e una serie di brani diventati leggendari, e che oramai fanno parte del patrimonio musicale italiano. Dopo 60 milioni di album venduti, Zucchero è uno degli artisti italiani più famosi al mondo.