Johnny Winter per tutti l’eroe albino diventato figura cruciale per il rock-blues degli anni Settanta. Lo stile di un cantautore che ha saputo creare un nuovo scenario nella musica blues.
John Dason Winter III per tutti Johnny è nato nel 1944 a Beaumont Texas in una famiglia dalla già radicata tradizione musicale e blues locale. Non può risultare strano, quindi, che il suo approccio alla musica e in particolare proprio a questo genere cominci sin da piccolo.
Quello che all’epoca, invece, sembrò particolare fu la sua abilità e doti nel suonare la chitarra; un dono che poteva non essere notato e che lo ha portato ben presto a collaborare con i grandi nomi della scena musicale degli anni Sessanta. Il debutto arriva nel ’68 con la pubblicazione del primo album omonimo in cui però non si possono non segnalare le collaborazioni con leggende viventi del blues come Willie Dixon, Little Water o Tommy Shannon. Per uno che era al debutto sulla scena discografica, si trattò di un bel colpaccio.
I lunghi capelli e l’albinismo di cui era affetto sono diventati, insieme allo stile musicale, il marchio di fabbrica di quello che oggi è considerata una figurata di estremo rilievo nella storia e definizione del blues anni Settanta.
Stimato dai colleghi e osannato dal pubblico, Winter è considerato da subito una vera promessa del panorama musicale degli Stati Uniti anche per questo calca sin da subito palchi importanti; nel 1969 partecipa allo storico concerto di Woodstock dove esegue 9 brani tra le quali una reinterpretazione di Johnny B. Goode di Chuck Berry.
Stregato come tantissimi suoi colleghi bianchi dalla musica afroamericana, Johnny Winter partirà dalle sonorità del delta del Mississippi per dare riuscire poi a sviluppare -nel corso degli anni Settanta che sono l’apice della carriera- non solo un proprio stile blues, ma una vera e propria tradizione texana del genere che si poneva in contrapposizione al blues tradizionale nato sulle sponde del fiume.
Il blues nato dagli schiavi d’America si fonde con Winter ai suoni stridenti dell’amplificazione; un mix tra suoni tradizionali e moderni che segnano tutta la sua produzione musicale e creano uno stile particolarmente evocativo.
Un blues-rock elettrico che non dimentica le origini e che farà da grande linea guida alla definizione dell’R&B americano a partire dalla seconda metà degli anni Settanta in avanti. Nelle sperimentazioni successive, Winter arriverà anche all’hard-rock, ma la matrice blues del suo sound oltre che nelle voce resterà sempre preponderante. Il secondo album in studio di Johnny Winter –Second Winter del 1969 per la Columbia Records- è considerato da parte della critica come uno degli album fondamentali della storia del blues.
Musica evocativa e figura evanescente -in parte dovuto all’albinismo- quella di Johnny Winter che potremmo definire come l’incarnazione perfetta del bluesman maledetto. L’amore del pubblico e la stima di colleghi ed addetti ai lavori, non gli hanno impedito di cadere nel baratro delle dipendenze. Una vita di eccessi e sregolatezza che l’hanno portato anche uno stop forzato a prolungato dalle scene.
Johnny Winter muore a Zurigo, all’indomani dell’ultima esibizione in un festival blues. Fu trovato senza vita nella sua camera d’albergo il 16 luglio del 2014 per cause mai rivelate. Aveva 70 anni.
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