Sono trascorsi quasi dodici anni dalla morte di Lucio Dalla: la carriera dell’intramontabile cantautore che ha reso grande la musica italiana.
“Caro amico ti scrivo…” con queste parole comincia uno dei brani più iconici della musica italiana, le parole sono quelle di un artista che cresciuto “a pane e jazz” si è lasciato trasportare dal successo fino ad arrivare alle vette delle classifiche.
Soprannominato “Briciola” da ragazzino, poi “Ragno” dai bolognesi, Lucio è divenuto non solo un cantante noto in tutto il mondo, ma un’icona grazie alla poesia dei suoi testi che hanno attraversato intere generazioni rimanendo attuali. Un mito indiscusso, uno spirito libero che ha rotto gli schemi non solo musicali. Complicato, anzi impossibile sintetizzare in poche righe l’esistenza di un genio eclettico e poliedrico. Lucio prende coscienza da bambino di avere un “debole” per la musica che diventerà presto passione e ragione di vita.
“Vorrei entrare dentro i fili di una radio e volare sopra i tetti delle città. Incontrare le espressioni dialettali, mescolarmi con l’odore del caffè e fermarmi sul naso dei vecchi mentre leggono i giornali” recita così uno dei brani più celebri di Lucio Dalla, “Le Rondini”. Alla fine, il cantautore dentro quei fili non solo è entrato, ma ci è pure rimasto emozionando attraverso i suoi brani intere generazioni. Canzoni senza tempo, sempre attuali e dal significato profondo. Una fonte da cui hanno attinto anche altri artisti che si sono ispirati a Dalla, pietra miliare della storia della musica Italiana.
L’interpretazione magistrale di “Caruso”, la sfrontatezza e l’ironia nel testo di “Disperato Erotico”, la dolcezza di “Tu non mi basti mai” e l’intensità del brano della “La sera dei miracoli” hanno fatto di Lucio un artista irripetibile, capace di spaziare e “trattare” diversi temi rompendo gli schemi con melodie jazz e ritmi alternativi che si mescolavano anche alla tradizione accompagnati dalla sua voce inimitabile.
Dalla, però, non era solo musica. Era un artista a tutto tondo, uno spirito libero che non badava al suo abbigliamento e al suo modo di esprimersi, geniale e senza etichette con uno stile di vita libero, ma senza eccessi.
È nella sua Bologna, dove è nato in un’Italia ancora alle prese con il secondo conflitto mondiale, che Lucio Dalla si avvicina alla musica iniziando a suonare la fisarmonica. La curiosità la voglia di esibirsi, lo spinsero a trasferirsi da adolescente a Roma lasciando la scuola, preferiva lo spartito e le note ai libri di storia o di geografia.
Nel 1962 iniziò ad esibirsi con i Flippers come voce, ma anche suonando il clarinetto ed il sax a ritmo jazz. Con la band firmò il suo primo contratto e collaborò anche con Edoardo Vianello. La sua voce, l’utilizzo dello “scat” e l’improvvisazione tipica del jazz colpirono particolarmente Gino Paoli che si offrì come produttore nel 1963, solo tre anni dopo Dalla era sul palco più ambito d’Italia: il Teatro Ariston per il Festival di Sanremo. Il brano per la kermesse era “Paff… Bum” accanto al cantautore bolognese gli Yardbirds.
Dal 1974 al 1977 collaborò con Roberto Roversi poeta bolognese e fu proprio nel 1977 che Lucio Dalla scrisse una delle sue opere più belle “Com’è profondo il mare”, Dalla è già un artista consacrato che aveva già scritto brani di successo come “4/3/1943” e “Piazza Grande”. Negli anni ’80 scalò poi le classifiche e raggiunse i record delle vendite con brani come “Futura” e “Cara”, divenuti anche colonne sonore di diversi film.
Nell’86 pubblica quello che la critica definirà il capolavoro dell’artista stiamo parlando di “Caruso”, di quel brano senza tempo – e che ancora oggi fa vibrare l’anima – sono state vendute otto milioni di copie.
Gli anni a seguire Dalla incontrerà Gianni Morandi e insieme regaleranno all’umanità il disco “Dalla/Morandi”. Da lì tutto il resto è storia, una storia fatta di brani e parole che sono ben impresse nell’immaginario collettivo nonostante le lancette si siano fermate a quel triste 1 marzo del 2012, quando quando Lucio Dalla se n’è andato in punta di piedi proprio poche ore dopo un’esibizione al Montreux Jazz Festival, in Svizzera. Quel bambino sregolato, ormai adulto e sicuro del suo talento immenso, ha lasciato in eredità un patrimonio inestimabile di parole, poesie e melodie ma anche malinconia specie fra chi ascoltandolo si è prima perso e poi ritrovato. Dalla in realtà non se n’è mai andato, sta solo giocando la sua ripresa perché come lui stesso diceva “la morte è solo l’inizio del secondo tempo”.
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