Alex Britti è uno di quei musicisti che piace sia agli intenditori che agli ascoltatori occasionali: quando il pop incontra i blues.
Conosciuto dai più per via delle sue canzoni più commerciali, che gli hanno permesso di scalare le classifiche italiane e di partecipare a tante trasmissioni televisive, Alex Britti è riconosciuto come uno dei più grandi chitarristi in Italia e non solo. Un virtuoso della chitarra, che ha sempre cercato di mescolare la leggerezza del pop con l’eleganza del blues.
Gran parte del pubblico lo ricorda per brani quali “La vasca”, “Solo una volta o tutta la vita”, “Mi piaci” o “Tutti come te”, non proprio brani memorabili, anzi, ma che hanno permesso a Britti di farsi un nome nel panorama musicale italiano e di raccogliere un grande successo di vendite. Dall’altra parte, però, il musicista romano filtra il suo amore per il blues e per il jazz.
È uscito poche settimane fa il nuovo singolo “Supereroi”, un ottimo pezzo dedicato a tutti i lavoratori che cercano di arrivare alla fine del mese, combattendo ogni giorno contro la sveglia mattutina, il traffico, lo stress dell’ufficio o del cantiere, i contratti precari e gli stipendi da fame. Anche in questo caso, sotto una melodia pop, si percepisce una chitarra sofisticata.
La provenienza blues e jazz fa capolino in tanti suoi brani e in tanti suoi dischi. La chitarra emerge sempre, sua compagna di vita sin da quando aveva 8 anni. Grazie all’amore per la chitarra, Britti si getta nel blues, ascolta a ripetizione i giganti del genere, come Stevie Ray Vaughan, Muddy Waters, John Lee Hooker, Luther Allison, Jimi Hendrix, e impara a suonare come loro.
Il suo primo gruppo, al liceo, è specializzato in cover blues. In questo periodo, Alex muove i suoi primi passi nel mondo della musica, studiando nei minimi dettagli tutte le sfumature sonore del blues, tutti i suoi sottogeneri, ricostruendo la storia, fino a plasmarla con la sua chitarra. “Parte tutto da qui”, afferma il musicista in un’intervista, citando il brano “Voodoo Chile” di Hendrix, de 1968.
In effetti, l’album “Electric Ladyland”, dov’è contenuto “Voodoo Child”, segna una svolta nella storia del blues, proiettando il genere nel futuro. E poi c’è il blues di Stevie Ray Vaughan, più moderno, duro, ma solare, tipico del sud degli Stati Uniti, molto vicino al Southern Rock. “Qui dentro c’è il sole, c’è la gioia”. Altro musicista blues molto amato da Britti è Freddie King.
King è stato il primo a esaltare la chitarra, ed è stato il primo bluesman ad andare un tv negli USA, alla fine degli anni ’50, sfidando la segregazione, ancora in vigore in Texas. La sua chitarra e il suo atteggiamento sono stati rivoluzionari. Ma Alex cita anche Michael Jackson, artista che si è sempre circondato di musicisti incredibii, come Steve Lukather dei Toto, Eddie Van Halen dei Van Halen o Slash dei Guns N’ Roses.
Ma per la formazione del musicista romano è stato fondamentale anche Santana, ”il più importante di tutti”, dice Britti, perché è stato il primo ad avvicinarlo alla musica, quando era un ragazzino alle prime armi. Senza contare l’influenza dei Rolling Stones (anche loro tornati di recente con un nuovo delizioso album), con quei riff viscerali, selvaggi e sensuali.
Insomma, la musica di Alex Britti conserva queste influenze, spesso nascoste dietro i singoli pop più commerciali, ma chi sa ascoltare, ascoltare un disco per interno, con attenzione, magari come si faceva una volta, prima dell’avvento della musica liquida, che ha reso tutto più effimero, può percepire i sofisticati riff di chitarra e le attenzioni negli arrangiamenti.
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