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Pino Daniele, il blues man di cui tutti sentiamo la mancanza: ha fatto la storia

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Aurora De Santis

Pino Daniele ha fatto la storia della musica italiana portando il blues in giro per il mondo: chi era il nostro blues man d’eccezione.

Pino Daniele – foto da Instagram (Blueshouse.it)

Giuseppe Daniele, noto con il soprannome di Pino, è nato a Napoli il 19 marzo 1955 e ci ha lasciato nel 2015. Conosciuto dai più come Pino Daniele ha fatto parte del mondo della musica come cantautore, chitarrista e compositore. Con una formazione musicale in ambito blues,  si è affermato come uno dei musicisti più rivoluzionari in Italia tra gli anni ’70 e ’80.

Pino Daniele ha inventato un vero e proprio nuovo genere musicale unendo la tarantella e il blues, il tarumbò. Un chitarrista d’eccezione, è stato ispirato anche dal jazz e dal rock, oltre che dal blues. Durante la sua carriera di oltre 40 anni, ha collaborato con una serie di artisti di grande prestigio, tra cui Franco Battiato, Ralph Towner, Mel Collins, Lucio Dalla, Francesco De Gregori, Yellowjackets, Mike Mainieri, Claudio Baglioni e Danilo Rea. Ha calcato numerosi palcoscenici di fama internazionale, partecipando ad eventi importantissimi nel campo della musica. Ha condiviso il palco con artisti di fama mondiale come Eric Clapton, Pat Metheny e Joe Bonamassa.

Il blues man all’italiana: Pino Daniele

Pino Daniele e una chitarra sul tavolo – foto da Instagram (Blueshouse.it)

Primogenito di una famiglia di sei figli di genitori lavoratori, Pino cresce a Napoli in condizioni economiche difficili. Dopo qualche anno in cui la famiglia era in difficoltà, si trasferì a vivere con due zie acquisite che gli offrirono una situazione migliore. Diplomato in ragioneria, Pino imparò a suonare la chitarra da autodidatta e iniziò la sua carriera musicale come chitarrista in un gruppo chiamato New Jet, fondato con un compagno di scuola. Suonò in diversi gruppi finché, nel 1976, diventò il bassista del gruppo Napoli Centrale, un’esperienza significativa che lo fece crescere moltissimo come musicista.

In questo periodo, conobbe James Senese, grande sassofonista, con cui avrebbe avuto un sodalizio artistico che durò per anni. È qui che avvenne la svolta nella sua carriera e cominciò a creare i suoi primi album. Nel 1976, fu notato da Claudio Poggi, un importante produttore discografico della EMI Italiana, che ascoltò alcune delle sue canzoni inedite e decise di seguirlo. Da quel momento, la sua carriera musicale prese il volo, e nel 1977 pubblicò il suo primo album, “Terra mia”.

Il successo degli anni ’80

Il decennio degli anni ’80 segnò il successo di Pino Daniele. Nel 1980, si esibì per aprire il concerto di Bob Marley allo Stadio San Siro di Milano, di fronte ad un pubblico di più di 80.000 persone. Nel 1981, pubblicò l’album “Nero a metà”, che univa blues a sonorità partenopee. L’anno successivo iniziò a collaborare con musicisti internazionali di spicco, tra cui Alphonso Johnson e Wayne Shorter, e incisero alcuni brani con Pino e il suo gruppo.

Da questa collaborazione ne risultò uno stile musicale molto particolare che univa sapientemente elementi di jazz e blues con le radici della musica popolare napoletana, contribuendo a creare il “tarumbò”, uno stile unico che Pino Daniele avrebbe portato avanti per il resto della sua carriera. Nel 1983, divenne un’icona nella sua Napoli grazie all’uscita del disco “Bella ‘mbriana” che conteneva brani come “Napul’è” e “Je so’ pazzo”, canzoni che lo portarono in vetta.

L’anno dopo, nel 1984, Pino Daniele partecipò al Festival di Sanremo con la canzone “Sara”, ma non riuscì a vincere, ciononostante partecipare al festival gli diede ulteriore notorietà. Nel 1986, pubblicò “Musicante”, un album che lo vide collaborare con musicisti jazz di fama mondiale come Billy Cobham e Trilok Gurtu.

Gli anni ’90 e oltre

Pino Daniele sul palco che canta e suona una chitarra elettrica – foto da Instagram (Blueshouse.it)

Negli anni ’90, Pino Daniele continuò a produrre musica di alta qualità, pubblicando album come “Mascalzone latino” (1995), “Dimmi cosa succede sulla terra” (1997), e “Come un gelato all’equatore” (2001). In ogni album c’era una sperimentazione continua nel ricercare quelle sonorità che lo hanno sempre contraddistinto, ma sempre con uno sguardo rivolto verso nuove influenze musicali da fare proprie.

Ha scritto anche colonne sonore, partecipando ai film del suo grande amico Massimo Troisi. Oltre ad aver scritto le colonne sonore di “Ricomincio da tre”, “Le vie del Signore sono finite” e “Pensavo fosse amore… invece era un calesse”, ha composto le musiche anche di altri film tra cui “Amore a prima vista” (di Vincenzo Salemme) e il film d’animazione di Enzo D’Alò, “Opopomoz”.

Nel corso della sua carriera, Pino Daniele si esibì in tutto il mondo, incise numerosi album e canzoni di successo e fu spesso elogiato per la sua abilità di chitarrista, i suoi testi poetici e per la sua voce particolare. Il suo impatto sulla musica italiana ed internazionale è stato profondo, poiché ha contribuito a rompere le barriere tra diversi generi musicali, creando un legame tra la tradizione napoletana e il rock, il blues e il jazz. Allo stesso tempo, ha portato le sue radici, la musica popolare napoletana, in giro per il mondo dimostrando che si possono fondere generi musicali, apparentemente distanti, in un’unica, meravigliosa sonorità.

La morte improvvisa

Pino Daniele è scomparso il 4 gennaio 2015 a Roma a causa di un infarto. La sua morte improvvisa scosse profondamente il mondo della musica, anche perché avvenne in circostanze non comuni. Nonostante ci manchi il nostro blues man, il suo lascito musicale continuerà a vivere attraverso le sue canzoni, che ispireranno ancora molte generazioni di musicisti, cantanti e cantautori, italiani e non. A suo nome è stata creata un’associazione no-profit “Fondazione Pino Daniele“.

Aurora De Santis

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