Un racconto su Vinicio Capossela, dalle origini ad oggi, per un percorso artistico nel quale si mescolano generi e arti e che da 30 anni timidamente segna la musica italiana.
Cantautore, polistrumentista e scrittore, Vinicio Capossela segna timidamente da oltre 30 anni la musica cantautorale italiana. Un percorso artistico in cui si mescolano più generi, dal jazz alla world music oltre che la musica d’autore e il folk, e caratterizzato da un’attenzione alla rappresentazione dell’opera sotto forma di spettacolo che inevitabilmente attira altri media e quindi letteratura e cinema.
Sempre per quella storia di chi crede nei segni del destino, il percorso artistico e di vita di Capossela era già scritto, segnato appunto, dalla scelta del nome. Vinicio non era un nome della tradizione familiare, ma una dedica dei genitori emigrati in Germania, ma un omaggio al fisarmonicista Vinicio alias Eduardo Alfieri, campano come loro e autore di numerose colonne sonore cinematografiche e brani di successo della canzone classica napoletana.
Tornato in Italia ancora piccolo, Vinicio Capossela cresce in Emilia Romagna e qua cresce anche artisticamente in quell’underground musicale che lo porta fino a Francesco Guccini che lo introduce al Club Tenco e ne lancia la carriera.
Il primo album di Vinicio Capossela esce nel 1990. All’una e trentacinque circa è un album in cui il cantautore racconta le storie che ascoltava nei bar e night club della provincia. È stato lui stesso a raccontarlo a Rolling Stones nell’anniversario della pubblicazione: un orario ben preciso perché è quello in cui i bar cominciano a preparare la chiusura, ma anche quello in cui “tutti i grandi perdenti del jazz illuminano con la loro fiamma il cielo dei bar. È l’ora delle confessioni, dei sogni che vanno in scadenza“.
Uno dei migliori album di esordio della storia della discografia italiana. Vince la Targa Tenco come migliore opera prima e da allora Vinicio è l’artista che detiene più riconoscimenti in assoluto dal Club Tenco con 6 targhe e un premio.
Quello che viene dopo è il percorso di un’artista affamato, sempre intento ad accrescere la poetica con nuove suggestioni artistiche. Nel ’93 si trasferisce a Milano dove conosce, tra gli altri, Paolo Rossi e con lui comincia la collaborazione teatrale, i brani scritti saranno poi inseriti nei dischi Il ballo di San Vito e Canzoni a manovella.
Anche Camera a sud, terzo album in studio si lega a suo modo ad un’altra forma artistica: contiene, infatti, Che coss’è l’amor e e Zampanò, brani diventati la colonna sonora di L’ora di Religione di Marco Bellocchio e Tre Uomini e una gamba di Aldo, Giovanni e Giacomo. Il vero album svolta però è proprio Il Ballo di San Vito, definito dallo stesso Vinicio non un album ma una vicenda. I brani che ne fanno parte sono ispirati a grandi romanzi come i Racconti di Canterbury, palesando la contaminazione artistica di cui si accennava all’inizio in cui la musica si fa espressione letteraria.
Negli anni successivi a Il Ballo di San Vito continuano le contaminazioni artistiche oltre che le collaborazioni dentro e fuori il mondo della musica e a cui si aggiungono le pubblicazioni letterarie. L’ultimo album risale allo scorso anno, dal titolo quanto mai emblematico Tredici canzoni urgenti è una raccolta di brani in cui Vinicio esprime l’inquietudine dei nostri tempi moderni. “Quando la propaganda -raccontava il cantautore alla presentazione del disco- crea ad arte le “emergenze” è necessario recuperare il rapporto con il reale e affrontare le urgenze, quelle vere, che affliggono la società umana“.
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